Riflessioni e analogie
Dott. Alberto Lomuscio, Sowen – Milano
RIASSUNTO
L’Autore riflette su alcune analogie dell’Acqua e sulle sue relazioni con le energie della MTC: la prima analogia dell’Acqua è rappresentata dalla forza della femminilità; poi vengono prese in considerazione le proprietà dell’Acqua come simbolo di passività; successivamente, l’ubiquitarietà dell’Acqua viene presa in considerazione, e poi il suo rapporto con il suono; la successiva analogia riguarda l’informazione; poi si passa al simbolismo del radicamento, e infine alla relazione tra Acqua e principio di resistenza.
PAROLE CHIAVE: Acqua, Analogia, Medicina Tradizionale Cinese, Taoismo .
SUMMARY
The Author presents some analogies of Water, and its relationships with the energies of TCM: the first analogy of Water is the energy of the feminine principle; then the passive properties of Water are taken into consideration; in the third analogy, the Water is considered as regards its property of being everywhere in the world; in the following analogy, Water’s energy is related with the sounds; then the Author takes into consideration the analogy of Water with information; in the following analogy, with the symbolism of the root, and in the final one, the relationship between Water and the principle of resistance.
KEY WORDS: Water, Analogy, Traditional Chinese Medicine, Taoism
RIFLESSIONE 1- La Femminilità
Acqua… immensa Forza yin, capace di generare la Vita: la vera creazione nascosta che è origine dell’esistenza individuale e di specie.
L’uomo è creativo in quanto Legno-scintilla: il suo seme è il fulmine che scuote il mare primordiale generando la vita in forma organizzata e resa possibile dalla luce dello Shen, in qualità di ordinatore universale.La vita nasce dall’Acqua (anche quella dell’utero in gestazione), e la madre è Metallo nel momento in cui porta dentro di sé e accoglie la scintilla luminosa della vita (seme maschile portatore di energia del Cielo Anteriore sotto forma di codice genetico che si organizzerà in individuo unico e irripetibile). E’ Acqua nel periodo dell’incubazione, che dura nove mesi. Diventa Legno nel momento in cui abbandona parte del suo Yin (momento del parto) e si “yanghizza” divenendo Legno che esteriorizza e fa nascere.
Il neonato, nel momento della nascita, a sua volta abbandona parte del suo Yin in quanto si allontana dalle fattezze dello Shao Yin (Rene-Cuore, ossia Acqua-Fuoco) e acquista quelle dell’asse delle variazioni; infatti:
A) Perde le fattezze-Acqua in quanto esce dal corpo della madre
B) Perde le fattezze-Fuoco in quanto non riceve più il sangue della madre tramite il cordone ombelicale
C) Perde le fattezze-Terra del Cielo Anteriore in quanto non riceve più nutrimento e ossigeno tramite il cordone ombelicale
D) Acquista le fattezze-Metallo del Cielo Posteriore in quanto apre gli alveoli ed espelle il meconio
E) Acquista le fattezze-Legno del Cielo Posteriore in quanto vede la luce, piange (le lacrime appartengono al Legno) e comincia il processo dell’organizzazione neuro-muscolare.
Poiché l’Acqua è individualità, aderenza alle radici biologiche, consapevolezza del Jing (laddove il Fuoco è consapevolezza globale e dello Shen), e poiché il dolore è parte integrante di qualsiasi processo biologico, del Jing, della materia, ne consegue che la donna, in quanto “Acqua” in misura molto maggiore rispetto all’uomo, vivrà il dolore come “connaturato” alla sua stessa materia, al suo stesso divenire, alla sua stessa individualità, e di conseguenza lo accetterà e lo sopporterà più agevolmente dell’uomo [1].
RIFLESSIONE 2 – La Passività
Dice il Tao Te Ching [2]:
“La bontà suprema è come l’Acqua. Il bene supremo dell’Acqua consiste nel fatto che reca beneficio ai diecimila esseri, tuttavia non si agita per avere attenzione, ma si contiene nei luoghi più bassi da cui rifugge l’uomo. Ecco perché l’Acqua è così vicina alla Via”
L’Acqua nel Cerchio dei Cinque Movimenti [3] comprende aspetti di vita, morte, rinascita e quindi eternità. Essa simboleggia il culmine del processo di compimento e morte e preannuncia il rinnovamento. Che sia distruttivo o creativo, l’Elemento Acqua è un ponte tra la vita e la morte, e tra la morte e la rinascita: l’Acqua regna in una sorta di limbo sospeso tra due mondi, e come tale rappresenta una pausa, un vuoto, un abisso, e infatti l’Esagramma 29 dell’ Yi King, formato da due trigrammi uguali che rappresentano entrambi l’Acqua, è denominato “L’Abissale” [4].
L’azione dell’Acqua è la non-azione (“wu-wei”), e la sua forma è la non-forma, come il grande Tao, di cui riecheggia l’essenza, essendo tra i Cinque Movimenti il più “vicino alla Via”, al Tao, proprio perché l’Acqua corrisponde a una realtà avviluppata, racchiusa in se stessa, come l’Universo prima del Big Bang, e quindi è una realtà che contiene tutta l’energia in fase potenziale, e nulla in fase manifesta-palese (“res extensa”).
RIFLESSIONE 3 – L’ Ubiquitarietà
Se si considera il concetto fisico di “campo energetico”, quello cioè per cui non esistono parti di materia discrete e distinte, bensì un unico campo energetico che tutto comprende, nel quale tutto è interconnesso, e nel quale le individualità singole sono solo percezioni dell’io e condensazioni dell’energia, allora si comprende che anche i Movimenti, e in particolare l’Acqua, può essere concepita come un unico immenso campo nel quale siamo immersi, analogamente al nostro pianeta, che può essere visto, secondo “l’ipotesi-Gaia”, come un immenso campo del Movimento-Terra.
Naturalmente il concetto di campo non si limita a una sorta di sommatoria degli elementi in esso compresi, ma assurge a una realtà che globalizza ciò che contiene, realizzando un’entità qualitativamente superiore. Per quanto riguarda l’Acqua, questo immenso campo nel quale siamo immersi collega il vapore acqueo emesso dai nostri polmoni con l’umidità atmosferica (si pensi ai rapporti tra umidità ambientale e patologia bronchiale); fa risuonare il nostro sangue con il ribollire degli oceani (si pensi al rapporto tra luna, maree e mestruazioni); muove la nostra acqua interna con la sua energia-freddo esterna (si pensi alla poliuria da freddo esterno), e così via…
RIFLESSIONE 4 – Il Suono
L’Acqua regge l’udito e il suono perché è yin massimo, e il suono si propaga solo se c’è materia (nel vuoto non si propaga, e nei solidi viaggia meglio che nell’aria, come ben sapevano i Pellerossa in attesa di assaltare i treni nel West).
Inoltre l’udito è l’unico senso completamente passivo, ossia che non può venire chiuso o bloccato volontariamente (come ad esempio gli occhi), tanto è vero che per svegliarsi al mattino usiamo la sveglia, non certo apparecchi che emettono luce o odori.
E il suono più pregiato e nobile che esista, ossia la musica, è in grado di rivitalizzare la nostra Acqua grazie al potere armonizzante del suono. Come ci racconta l’indimenticabile Tiziano Terzani nel suo libro “Un altro giro di giostra” [5]
“L’idea che il suono abbia in sé un potere immenso e misterioso è vecchia quanto l’uomo e non è un caso che in vari miti della creazione, a cominciare da quello biblico, il suono venga indicato come la fonte di tutto. ‘In principio era il Verbo,e il Verbo era presso Dio e Dio era il Verbo’, si legge all’inizio del Vangelo di Giovanni.
Per gli Indiani quel suono era il magico OM, il primo di tutti i suoni, il suono che riassume ogni suono, il suono con cui Brahman, il creatore, si manifesta ancor prima di manifestarsi nella forma. Anche per la scienza moderna l’universo è cominciato con un suono: il Big Bang.
La presunta natura divina del suono ha fatto sì che in tante antiche civiltà l’uomo abbia visto nel suono un legame con gli dei e che campane, campanelli e cimbali, tamburi e gong siano ancora oggi presenti nelle cerimonie delle varie religioni, e che conchiglie e corni siano ancora usati dagli sciamani di tutti i continenti per entrare in contatto con gli spiriti.
Nella cultura di differenti popoli ci sono leggende, molto simili tra loro, secondo cui il suono, usato da chi sappia controllarne il potere, può uccidere o risuscitare un uomo, può provocare la pioggia o una tempesta di fuoco, può creare immagini dal nulla o distruggere la materia; come avvenne con le mura di Gerico.
Nell’antica Cina si attribuiva alla musica il potere di rendere fertile la terra e di cambiare il carattere di una persona. Nell’antico Egitto la musica era usata per alleviare il dolore delle partorienti. In India ci sono vecchi testi sanscriti che descrivono il valore terapeutico della musica. Trattati simili esistono anche in arabo. Lo stesso Ippocrate, si sa, ricorreva a volte alla musica per trattare i suoi pazienti sull’isola di Cos.
La teoria dell’effetto terapeutico del suono era in origine frutto di intuizioni mistiche che la scienza sembra oggi in qualche modo confermare. Secondo queste ipotesi ogni essere vivente e ogni oggetto, essendo un aggregato di parti in continuo movimento («in continua danza» dicevano gli antichi), produce un suono che riflette la natura di quell’essere o di quella cosa. Ogni disordine, ogni disarmonia in quel suono è causa di malattia. La malattia può essere curata se si ristabilisce l’armonia originale dell’uomo attraverso l’intervento di un «giusto» suono che produca appunto la necessaria assonanza.
Follia? Forse no. Se si pensa all’influenza che la musica può avere sul nostro stato d’animo, a come le marce militari aizzano i soldati sul campo di battaglia o a come ci inteneriscono le melodie d’amore, non è difficile immaginare l’effetto di una musica il cui suono vada al di là del nostro livello emotivo e magari ci penetri davvero nel corpo fino a farne vibrare, al ritmo giusto, le cellule.
Valendosi di queste teorie, alcuni musicisti indiani contemporanei stanno cercando d’identificare quali raga, le strutture musicali classiche, hanno il giusto ritmo per curare quali malattie. Una lunga serie di correlazioni è già stata stabilita per il trattamento di varie patologie che vanno dall’anoressia alle febbri reumatiche. Il raga adatto all’insonnia era già noto a Omkarnath Thakur di cui si racconta che, durante una sua visita a Roma, fece una grande impressione su Mussolini, essendo riuscito con la sua musica a far dormire regolarmente l’insonne Duce.
Fin dalle sue origini, al tempo dei rishi, lo yoga ha riconosciuto l’enorme importanza del suono, e una delle discipline per trascendere il corpo e far sì che l’individuo diventi Uno con l’Assoluto è appunto quella chiamata Nada Yoga, lo yoga del suono. Risalendo con la coscienza fino al momento in cui il pensiero di dio si fa verbo, cioè suono e creazione, lo yogi riesce a sentire, non con le orecchie fisiche, ma con quelle interiori dello spirito, il suono divino e a unirsi a quella realtà trascendente che è il fine ultimo della sua pratica.”
RIFLESSIONE 5 – L’Informazione
Schroeder, nel suo libro “L’Universo sapiente” [6], si sofferma sui rapporti tra Acqua e capacità informative:
“Molti sostengono che Einstein abbia detto che «La cosa più incomprensibile dell’universo è il fatto che sia così comprensibile». Le sue scoperte ci hanno fatto comprendere aspetti dell’universo che prima erano inconcepibili. Tali scoperte, insieme alle rivelazioni della fisica quantlstica, hanno chiarito perché l’universo è di fatto così comprensibile per la mente umana. Lo si comprende perché siamo una parte dell’universo che è diventata consapevole. E poiché ne siamo parte siamo giunti a capire noi stessi. La nostra nuova comprensione di noi stessi ci ha rivelato che l’intelligenza è presente anche nella più semplice delle particelle e che la complessità della vita contiene un’ineffabile e sorprendente quantità di intelligenza.
Il mistero delle origini della vita e della sua ordinata complessità non è solamente un altro problema scientifico che attende una spiegazione. La vita, e certamente la vita cosciente, non è più evidente nell’impasto di rocce e acqua, o nella palla di energia primordiale prodotta nel momento della creazione, di quanto lo siano le parole di Shakespeare in un sacchetto pieno di lettere dell’alfabeto. L’informazione immagazzinata nel codice genetico comune a tutti gli esseri viventi, il DNA, non è presente nei costituenti del DNA; non la si trova né nei nucleotidi né nei legami fosfodiesterici che tra loro si instaurano. Nemmeno la coscienza è prevista dalla struttura del cervello. In tutti e tre i casi è implicata un’intelligenza che precede la materia e l’energia.
Di conseguenza, a ogni livello di complessità, l’informazione che proviene da una struttura eccede l’informazione inerente ai componenti di quella struttura. Ciò è vero a partire dagli elettroni subatomici, le particelle più leggere tra quelle conosciute, fino al cervello umano, la struttura più complessa finora incontrata nel nostro universo. Questa onnipresente produzione di informazione, di intelligenza, richiede in maniera pressante una spiegazione. La sua portata e la sua profondità rendono estremamente improbabile che sia stata prodotta dal caso. La sua origine è narrata nelle parole di apertura di un testo antico tremila anni, la Genesi: Bere’shît. Non l’espressione superficiale «In principio», ma una realtà ben più profonda, «Con sapienza Dio creò i cieli e la Terra». Il substrato di tutto l’esistente è la sapienza, l’intelligenza. Come ha dichiarato il fisico Freeman Dyson ricevendo il Templeton Award: «Sembra che la mente, nel suo manifestarsi come capacità di compiere scelte, sia in qualche misura insita in ogni atomo… Dio è ciò che la mente diventa quando va oltre la scala della nostra comprensione».
O ancora, il fisico R.B. Laughlin durante la cerimonia per la consegna del premio Nobel: «Per quanto mi riguarda sono arrivato a sospettare che gran parte dei problemi di maggiore rilevanza per la fisica siano di natura emergente». Emergente significa non insiti nelle singole parti della struttura, non diversi quindi solamente da un punto di vista quantitativo ma anche qualitativo; una differenza di tipo che proviene dai loro componenti. L’intero non corrisponde alla somma delle singole parti. L’intero è più grande di quanto le parti potessero “immaginare”. Ecco come la pensa il professor Wheeler: il bit (il numero binario) dell’informazione ha preceduto e ha dato origine alla materia.”
Che poi è come dire che lo Shen ha prodotto tutta la Realtà….
L’Acqua è qualcosa di molto misterioso… nessuno ha mai saputo spiegare come facciano due gas così leggeri, così leggiadri, a formare un liquido, un liquido che non evapora in condizioni di temperatura-ambiente che non dovrebbero concedere all’Acqua di restare liquida.
Nelle tradizioni antiche (come la Cabbala o i filosofi pre-socratici) l’Acqua (anche se non solo l’Acqua) era considerata la radice comune del tutto Interessante a questo proposito è un passo del libro di Schwarz, Cabbala e Alchimia [7]:
“I detti di Maria l’Ebrea, riportati dagli alchimisti Zosimo e Cristiano, sono della massima importanza, perché evidenziano alcuni principi fondamentali della dottrina alchemica. Il più celebrato – quello che Jung riconosceva essere un assioma centrale dell’alchimia – suona così: ‘L’Uno diventa Due, e il Due diventa Tre, e per mezzo del Terzo, il Quarto compie l’Unità; quindi Due diventano Uno’. Gli alchimisti ebrei parafrasavano spesso gli insegnamenti di Maria; così un non meglio identificato Samuel Baruch scriveva che quando l’opera è realizzata ’avete l’uno da due, che contengono in sé il terzo e il quarto…Poi avrete il potere del Creatore nelle vostre mani, con il quale potrete perseguire la Sapienza e le meraviglie dell’opera’.
Questa visione non solo allude alla natura dell’agente trasmutante, ma evidenzia anche la possibilità di trasformare un elemento in un altro, dato che l’unità del tutto postula l’origine comune di tutti i corpi, facendo così presagire l’affermazione dello Zohar: ‘Fuoco, aria, terra e acqua sono le fonti e le radici di tutte le cose di sopra e di sotto, e su di esse tutte le cose sono fondate…Eppure esse sono tutte una’. Moshè de Leon – a cui è attribuita gran parte dello Zohar – chiariva ulteriormente la natura unica dei quattro elementi: ‘Devi sapere che il fuoco, l’aria, l’acqua e la polvere sono tutti uniti tra loro e sono mescolati l’uno nell’altro’.
Questa visione unitaria del tutto era già stata anticipata dagli insegnamenti dei filosofi presocratici del VI Secolo a.C. (e anche prima in Cina). I filosofi della scuola ionica: Talete, Anassimene, Anassimandro, Senofane, e gli eleatici: Parmenide di Elea e Zeno postulavano infatti l’esistenza di una sostanza primaria (prima materia) dalla quale tutto derivava. Per Talete di Mileto la sostanza ultima era l’Acqua, per Anassimene era l’Aria, che produceva tutti gli altri, o rarefacendosi in fuoco, o condensandosi in vento, nubi, acqua, terra e pietra. Per Anassimandro era invece l’apeiron (la materia sconfinata, imperitura e indeterminata) che attraverso il conflitto degli opposti che conteneva, generava i mondi. Infine è a Senofane di Colofonie che siamo debitori della famosa asserzione:’Tutte le cose sono una’, un assioma che nella sua formulazione in greco EN TO PAN (nell’Uno è il Tutto) apriva molti testi alchemici greci […]
Prima di parlare dell’Adam Qadmon, il divino anthropos androgino che è l’espressione paradigmatica della trascendenza della dualità maschile-femminile, vale la pena di segnalare che il sublime assioma olistico citato poco fa sembra anticipare perfino i più recenti sviluppi della fisica quantistica. Il teorema del fisico scozzese J.S. Bell (la cui prima formulazione è del 1964 e quella definitiva del 1974) afferma che ‘non esiste qualcosa che sia parti separate. Tutte le parti dell’universo sono connesse in un mondo intimo e immediato, come già pretendevano i mistici e altri discutibili personaggi’. Sulla stessa linea David Bohm, professore di fisica al Birbeck College dell’Università della California raccomandava: ‘Dobbiamo far invertire direzione alla fisica: invece di partire dalle parti per mostrare come operano insieme (l’ordine cartesiano), cominciare dal tutto’. Quanto viene proposto è un nuovo concetto di totalità indivisa che presuppone che al livello più fondamentale tutte le cose, compreso lo spazio, il tempo e la materia, siano forme di ‘ciò che è’. In un suo libro pubblicato di recente, Bohm ribadisce che l’universo va inteso come una ‘totalità unificata, meno estraneo all’uomo di quanto le precedenti impostazioni meccanicistiche sembravano indicare’. Secondo l’audace teoria della topologia quantica del fisico e matematico David Finkelstein, spazio, tempo, massa ed energia sono qualità secondarie derivate da un’unica unità-base dell’universo, la quale è un evento, o un processo, anteriore a spazio e tempo – cioè, in ultima analisi, una forma di energia.
Questa forma di energia, che Bohm chiamava ‘ciò che è’, preoccupava Einstein negli ultimi anni della sua vita, dedicati a raggiungere una teoria del campo unificata, capace di abbracciare l’elettromagnetismo, la gravitazione, la relatività e la meccanica quantistica, che avrebbe eliminato il binomio materia (universo) / campo (movimento-tempo), lasciando l’energia come la sola e ultima realtà. Le più recenti teorie relative all’origine dell’universo presuppongono che questo ‘ciò che è’ sia energia luminosa, avendo infatti gli esperimenti di laboratorio prodotto materia attraverso lo scontro di fotoni. Sette secoli fa Moshè de Leon profetizzava la scoperta che la luce è la sostanza primordiale, originaria, quando affermava: ‘Ogni cosa è un unico segreto e un’unica Luce, che non ammette separazioni di sorta’.
Riconoscendo e vivendo la straordinaria esperienza dell’essere tutt’uno con l’universo possiamo liberarci dalle contingenze terrene. Come conferma John Blofeld, ‘la via maestra per la liberazione è riconoscere che non c’è essere od oggetto nell’universo da cui siamo separati’ ”.
RIFLESSIONE 6 – Il Radicamento
A proposito del Radicamento come caratteristica dell’Acqua, è interessante leggere quanto ci racconta il Maestro Zen Serra, fondatore del Monastero Zen “Enso-Ji – Il Cerchio” di Milano, prima realtà italiana residenziale zen in città [8]:
“Un Maestro zen invitato in una casa in Giappone, la terra dove ogni giorno si riscontrano scosse di terremoto, stava mangiando assieme ai padroni di casa e ad altri ospiti, quando all’improvviso si avvertirono alcune forti scosse di terremoto, la vecchia casa iniziò a tremare pertanto le loro vite erano in pericolo. Tutti cercarono di scappare per guadagnare l’uscita. Anche il padrone di casa stava fuggendo, ma nel correre si voltò per guardare che ne fosse stato del maestro. Stava immobile senza il minimo segno d’ansia sul volto. Seduto a occhi chiusi non s’era mosso di un soffio.
L’uomo si vergognò del suo agire, si sentì un codardo, e poi non era bello che il padrone di casa scappasse mentre l’ospite non si era mosso affatto. Tutte le altre persone erano scappate in giardino, ma lui si fermò nonostante tremasse di paura e si sedette accanto al maestro.
Com’era venuto il terremoto, anche quella volta se ne andò, e il maestro aprì gli occhi e riprese la conversazione che aveva interrotto quando erano iniziate le scosse, e riprese la parola rimasta a mezz’aria come se nulla fosse accaduto. Il padrone di casa non era nello stato d’animo di ascoltare, perché era ancora stravolto dall’agitazione e aveva ancora paura. Benché il terremoto fosse passato la paura era rimasta. Disse rivolto al maestro: “Non mi dica niente, non sono in grado di capire, non sono padrone di me stesso, eppure vorrei io fare delle domande. Tutti sono scappati, io stesso stavo fuggendo in preda al terrore, ma vedendovi qui imperturbato e tranquillo mi sono sentito un vigliacco e mi sono detto: lo sono il padrone di casa e non dovrei scappare’. Così sono tornato indietro. Ma dimmi maestro, tutti hanno pensato alla fuga: tu che cosa hai fatto? Come hai reagito di fronte al terremoto?”.
Il maestro disse: “Anch’io sono fuggito, mentre voi siete scappati verso l’esterno, io ho cercato riparo dentro me stesso. La vostra fuga era inutile perché qualsiasi direzione aveste scelto, avreste incontrato il terremoto, pertanto a che serviva fuggire? Io sono andato in uno spazio dentro me stesso dove nessun terremoto è mai giunto, né potrà mai giungere, ho preso rifugio nel centro del mio essere “.
Nello Zen vi è un detto: “Un Maestro zen che ha raggiunto il suo centro interiore può attraversare un torrente, ma l’acqua non bagna i suoi piedi”. Con questa affermazione non si intende che per qualche miracolo l’acqua non lo bagni, ma che, vivendo immerso nella realtà, il suo centro non è scosso da nulla, non è in preda alla sua mente agitata ma è padrone in ogni situazione e luogo, sempre calmo e consapevole della realtà.”
Il Maestro Dogen, fondatore della Scuola Soto Zen, soleva dire: “Studiare lo Zen è studiare se stessi. Conoscere se stessi è dimenticare se stessi. Dimenticare se stessi è diventare uno con il mondo”.
L’uomo-zen, più che un logorroico intellettuale, è un poeta della vita, più che spiegare la vita, tenta di coglierne l’essenza e viverla con tutto se stesso.
RIFLESSIONE 7 – La Resistenza
La caratteristica della Resistenza come proprietà immanente della quintessenza dell’Acqua è stata magistralmente descritta da Berg nel suo libro sul potere della Cabbala [9]:
“Quando i cabalisti parlano di Luce con la L maiuscola si riferiscono alla Luce infinita del Creatore, la fonte di ogni nostro appagamento. Quando invece trattano di luce con la l minuscola intendono parlare della luce del sole o di una lampadina. Questi due tipi di luce, comunque, presentano analogie.
Vediamo come funziona una lampadina. Al suo interno ci sono tre componenti:
1. Un polo positivo (+).
2. Un polo negativo (-).
3. Un filamento che separa i due poli.
Il componente principale è il filamento. Tecnicamente viene definito «resistivo», perchè il suo compito è quello di respingere la corrente inviata dal polo positivo e di impedire che si connetta direttamente con il polo negativo. Questa resistenza (ovvero l’atto di respingere l’energia) è ciò che permette alla lampadina di illuminare. Quando il filamento si rompe, il polo positivo entra direttamente in contatto con quello negativo provocando un cortocircuito. Dopo aver emesso un lampo di luce intensa, la lampadina si brucia. Si fa il buio. In altre parole, senza la resistenza non può esserci una Luce durevole.[…] Proprio come la resistenza del filamento tiene accesa la lampadina, la nostra resistenza al comportamento reattivo fa sì che la Luce spirituale continui a risplendere. Quando invece non riusciamo a resistere e cediamo agli impulsi reattivi, si crea un cortocircuito poichè viene a crearsi un contatto diretto tra il nostro desiderio reattivo (il polo negativo) e la Luce della gratificazione (il polo positivo). Per un istante si verifica un lampo di piacevole autocompiacimento, ma poi si fa buio perché la “lampadina”, l’anima, è bruciata a causa del cortocircuito. L’idea che la Luce per manifestarsi abbia bisogno della Resistenza ricorre in ogni area della nostra vita. Il suono di un violino nasce dalle onde sonore prodotte dalla Resistenza che l’archetto oppone alle corde. Riusciamo a sentire la musica perchè i nostri timpani oppongono Resistenza al suono. Ecco il potere creativo apparentemente magico della Resistenza. Per chiarire ulteriormente il concetto, si pensi a quelle stupefacenti immagini del pianeta Terra visto dallo spazio: risplende come uno zaffiro blu che si staglia sul velluto nero dell’oscurità . Anche qui entra in gioco la Resistenza: l’atmosfera terrestre resiste alla luce del Sole e in questo modo ottiene quell’effetto di luminosità . Nel vuoto cosmico, invece, non si verifica alcuna Resistenza e il risultato è l’oscurità assoluta, nonostante il vuoto sia permeato di luce solare. Grazie al libero arbitrio gli esseri umani possono resistere alla piacevole energia prodotta dagli impulsi reattivi. Il libero arbitrio può esserci soltanto se qualcosa di potentissimo tenta di convincerci a non resistere: è proprio questo lo scopo dell’ “Avversario” ( l’Ego-ndr) e degli ostacoli che ci pone davanti. Resistere al nostri impulsi reattivi crea una Luce durevole, e un comportamento reattivo produce intensi lampi di luce, ma alla fine lascia dietro di sè l’oscurità.
Reprimere o Resistere?
Esiste una sottile linea di demarcazione tra il reprimere le nostre emozioni e interrompere il flusso del nostro sistema reattivo. Reprimere le emozioni provoca uno stress prolungato. A poco a poco le emozioni represse si fanno sempre meno gestibili. La pressione sale e alla fine… esplodiamo! In un primo momento la Resistenza richiede uno sforzo arduo, ma quasi subito è seguita dalla tranquillità e dalla chiarezza. Per esempio, se qualcuno ci fa arrabbiare e noi mettiamo in atto con sincerità il concetto spirituale di Resistenza, invece di reagire aggressivamente come al solito, nel nostro cuore non ci sarà animosità . Non coviamo desideri di vendetta. Non ci sentiamo offesi o feriti. Se proviamo questo genere di sentimenti, se ci lasciamo travolgere dal dramma del momento, significa che non siamo riusciti a riconoscere l’opportunità spirituale che ci viene offerta. Questo è un indizio. Se ci renderemo conto che la rabbia e gli altri sentimenti negativi sono soltanto test cui la Luce ci sottopone, avremo la certezza di avere opposto Resistenza. Percepiremo la splendente presenza della Luce che è emersa dalla nostra azione spirituale. La conosceremo. All’inizio, lo sforzo di resistere sarà una combinazione tra l’atto di reprimere e un’autentica Resistenza. Ma è una cosa normale. Questo sforzo eliminerà gradualmente i vari strati di emozioni reattive. A poco a poco lo sforzo costante per resistere ripulirà la vostra natura dai comportamenti sconsiderati, dai desideri egoistici e dai pensieri negativi. La certezza che stiamo ricevendo la Luce, e la consapevolezza del processo che è in corso, sono importanti quanto i nostri sforzi di resistere. L’atto di opporre Resistenza alle emozioni reattive viene messo a punto e perfezionato attraverso l’esercizio. Via via che sperimentiamo tale processo, e interiorizziamo questi principi spirituali, diventiamo più abili nell’arte della Resistenza.
Imparare a gestire o resistere?
Quando resistiamo all’impulso di reagire e lasciamo che la luce inondi il nostro essere, l’energia spirituale che riceviamo ha il potere di trasformare e purificare la nostra coscienza. Per esempio, saper semplicemente gestire un attacco d’ansia non consente di estirpare la radice della nostra paura nè di evitare che si ripresentino altri attacchi. La Resistenza, invece, riesce a farlo. Se resistiamo con la ferma convinzione, le nostre azioni andranno dritte al cuore del problema. In altre parole, la certezza di trasformarsi da entità reattive in esseri proattivi genererà Luce, e sarà proprio quest’ultima a mostrarci la radice nascosta che alimenta la nostra ansia. Inoltre, la Luce scioglierà quel nodo esistenziale e a poco a poco ci libererà dal panico.”
Il concetto della Resistenza è pertanto la base concettuale per comprendere l’essenza stessa della Realtà come “opposizione dinamica degli estremi” che si contrappongono ma non lottano, si bilanciano ma non tendono a sopraffarsi, proprio come la buona salute di un muscolo dipende dal suo corretto funzionamento basato sul vincere continuamente una resistenza.
BIBLIOGRAFIA
1. Lomuscio A: Donna, dominatrice del Dolore. Atti Primo Seminario SIA 2007, L’Aquila, 20/10/2007 .
2. Lao Tseu: Tao Te King (Commentato da C. Larre). Ed. So-Wen Jaca Book, Milano, 1993
3. Connelly DM: Agopuntura tradizionale: la legge dei cinque elementi. Ed. Oltre il Ponte, Milano 1990
4. I KING (Trad. a cura di B Veneziani e AG Ferrara). Astrolabio ed., Roma, 1950
5. Terzani T: Un altro giro di giostra. Longanesi Ed, Milano, 2004
6. Schroeder: L’Universo sapiente. Il Saggiatore Ed., Milano 2002
7. Schwarz: Cabbala e Alchimia, Garzanti Ed, Milano 2004
8. Serra T: Zen. Fabbri Ed, Milano 2005
9. Berg Y: Il potere della Kabbalah. TEA Ed, Milano 2005 (Riportato da: www.stazioneceleste.it, Newsletter N. 07.03/4, “Un universo di resistenza” del 27/03/2007)